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L’usufrutto: godere di un immobile di proprietà altrui

27 Agosto 2015

L’usufrutto, l’uso e l’abitazione sono tre diritti reali, che attribuiscono al titolare diritti di entità inferiore rispetto a quelli della proprietà.

Quando vi è uno di questi diritti il proprietario, colui cioè che detiene la nuda proprietà di un bene e per questo chiamato anche nudo proprietario, viene conseguentemente limitato nei suoi diritti, poiché il suo bene viene a tutti gli effetti utilizzato da altri.

L’usufrutto comporta il diritto di godere della cosa, rispettandone la destinazione economica: può avere per oggetto beni immobili, beni mobili, impianti, macchinari, cave e torbiere, e questi beni devono conservare la loro destinazione.

L’usufrutto può essere stabilito dalla legge, per esempio nel caso in cui un genitore eserciti la patria potestà sui beni di un figlio minorenne, o dalla volontà personale, in questo caso con un contratto o con un testamento; il codice civile stabilisce dettagliatamente i diritti e gli obblighi dell’usufruttuario, anche in relazione alla natura dei beni sui quali viene esercitato.

Le spese per la custodia, l’amministrazione e la manutenzione ordinaria sono a carico dell’usufruttuario e così pure le riparazioni straordinarie che risultino necessarie perché l’usufruttuario non ha curato la manutenzione ordinaria mentre, se la manutenzione ordinaria è stata curata, le riparazioni straordinarie sono a carico del proprietario.

Riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento per intero per una parte notevole dei tetti, solai, scale, muri di cinta. L’usufruttuario deve corrispondere al proprietario l’interesse sulle somme spese per le riparazioni straordinarie.

Se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni o ne ritarda l’esecuzione senza un valido motivo, l’usufruttuario può eseguirle a proprie spese, che gli dovranno essere rimborsate alla fine dell’usufrutto senza interesse. A garanzia del rimborso l’usufruttuario ha diritto a conservare il possesso dell’immobile. L’usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se non è vietato dall’atto con il quale è stato costituito.

L’uso, poi, attribuisce il diritto di servirsi della cosa mobile o immobile, secondo la sua destinazione economica e, se è fruttifera, di appropriarsi dei frutti limitatamente ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia. E i bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto. Il diritto d’uso deve essere esercitato personalmente e direttamente dal titolare.

Il diritto di abitazione, infine, ha ovviamente per oggetto una casa, che il titolare può abitare limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. Nella famiglia si comprendono anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o di abitazione, quantunque nel tempo in cui il diritto è sorto la persona non avesse contratto matrimonio. Si comprendono anche i figli adottivi e i figli riconosciuti, anche se l’adozione o il riconoscimento sono seguiti dopo che il diritto era già sorto. Si comprendono infine le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.

E’ quindi chiara la differenza tra l’usufrutto e l’uso e l’abitazione: chi ha il diritto di usufrutto può trarre dal bene ogni utilità, rispettandone la destinazione economica e quindi potrà utilizzare direttamente l’immobile, o, ad esempio, darlo in locazione mentre il titolare del diritto di uso o di abitazione può usare la cosa solo direttamente e per utilità propria e della propria famiglia.

Inoltre i diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione. Il codice civile stabilisce che si devono rendere pubblici, col mezzo della trascrizione, i contratti relativi all’usufrutto su beni immobili, all’uso sui beni immobili ed all’abitazione (che ovviamente può avere per oggetto soltanto un bene immobile).

A conclusione si ritiene interessante richiamare quanto stabilisce l’articolo 540 del codice civile, che riserva al coniuge superstite i diritti di abitazione sulla casa abitata quale residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.

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